L’omino a pezzettini. Dove risiede la Coscienza?
L’omino spezzettato.
(NdR: Questa storia è ovviamente inventata al solo scopo di riflettere sul dove potrebbe risiedere la nostra coscienza, buona lettura.)
Cìn Ciaulìn andò dal suo grande Maestro dopo aver passato molti anni in Europa.
«Dimmi dunque, quale interessante esperienza mi porti dell’occidente?», chiese il Maestro a Cin. «Oh gran Maestro, sono stati anni molto intensi quelli passati a girare per le capitali europee» e continuò «Tutto sommato le persone non sono molto diverse da noi orientali, anche loro sono alla ricerca della via per tornare a casa…».
Al che il Maestro domandò «Bene. Ma dimmi orsù, sei stato colpito da qualche interesse?» «Veramente qualcosa c’è.» rispose l’allievo «Quel popolo è ossessionato dalla cultura, dalla tecnologia, dall’intelligenza e da tutto ciò che riguarda la mente, pochissimi si curano dell’anima.» Il Maestro fece un espressione tutt’altro che stupita e chiese «Cosa non ti è chiaro, oh mio allievo?». Cìn Ciaulìn confessò: «Ho studiato nelle loro università. Ho assistito a molti dei loro esperimenti sul cervello. Loro affermano di essere nella mente, credono che il loro sè, il loro io, risieda nel cervello. Dicono di pensare e quindi di essere» e aggiunse «Altri invece, credono di avere un anima che risieda nel petto o vicino al cuore, sono molto confuso. Credo anch’io che siamo da qualche parte del corpo umano, ma dove?»
Il Maestro chiuse gli occhi e sorrise dicendo: «Bene Cin. Quindi la domanda che necessita di una risposta è:»
e continuò «Visto che non siamo sicuri di dove siamo, cominciamo a sezionare il corpo umano che sembra essere la casa del nostro sé.». Cìn Ciaulìn rimase ad ascoltare in silenzio trepidante di curiosità: «Ipotizziamo di poter rimanere vivo con un macchinario, mentre cominciamo a sezionare il mio corpo per cercare dove sono. Cominciamo a tagliare un dito della mano. Ti chiedo ora, sono nel dito?»
«Certo che no, nel corpo rimanente, di sicuro non nel dito tagliato.» rispose fermo Cin. «Bene, allora tagliamo tutto il braccio. Ora sai dirmi dove è mia coscienza?» insisté il Maestro. «Sempre nel resto del corpo, il braccio è destinato a morire.» «Allora tagliamo anche entrambe le gambe. Dov’è ora il tuo Maestro?» e il giovane disse: «Dove c’è la testa con il busto».
«Separiamoli allora, ma senza interrompere la circolazione sanguigna. Dove risiede l’essere vivente ora, testa o busto?» Spalancando gli occhi l’allievo esclamò: «Ho capito! NELLA TESTA! NELLA TESTA! Allora è vero, il nostro IO risiede lì. Noi siamo il pensiero che fluisce. Ora è tutto chiaro! Infatti molti scienziati hanno misurato l’attività neuronale della mente, nelle varie zone del cervello, come un flusso che cambiava colore, al cambiare dei pensieri del soggetto. Vedevano in un monitor dove esattamente il pensiero e le emozioni stavano operando. Non si hanno dubbi a riguardo. Ritengono anche di poter continuare a tenere in vita un essere umano separando la testa dal corpo e continuando a nutrire il cervello di sangue e ossigeno.» terminò Cin soddisfatto.
Ma il Maestro lo guardò severo e tuonò: «NO! Non è così, la vita non è lì!», fece una pausa e continuò. «Di tutti i macchinari sofisticati che hai visto, conosci quello più simile alla mente umana?» e Cin rispose spavaldo «Certo, il computer è assolutamente il macchinario che lo ricorda di più, anzi è proprio al cervello che si sono ispirati i creatori di cotanta meraviglia tecnologica.» Il Maestro guardò l’allievo e ribadì: «E secondo te, quando un uomo lo utilizza, nei circuiti elettronici di questo computer ci sono dei flussi di energia, dei segnali elettrici che si accendono e si spengono, come l’attività neuronale del cervello? Allora tu sei nel circuito elettronico del computer?» L’allievo sbiancò e il Maestro rincarò la dose «Quando un’automobile viaggia nel traffico non è vero che c’è un flusso di benzina, acqua, olio e quant’altro che scorrono nel motore perché qualcuno la sta guidando? La tua vita è forse nel motore dell’automobile?».
Cin rimase in silenzio a bocca aperta e il Maestro proseguì «E’ assurdo ipotizzare di essere nella mente solo perchè quando viene utilizzata miliardi di neuroni si scambiano dati con impulsi elettrici. E’ inutile che l’uomo si affanni a cercare sé stesso nel corpo umano o in qualunque elemento della natura. Noi non siamo qui e anche se lo fossimo non potremmo trovarci. Sarebbe come chiedere ad una mano di acchiappare se stessa. O davanti ad uno specchio dire che quello che vedi sei tu… Sbagliato! Tu vedresti solo lo strumento che usi per vedere e non colui che guarda. Non sei gli occhi che vedono il riflesso. Il nostro corpo è un macchinario nelle mani della nostra coscienza ed essa non può collassare su se stessa sentendosi o vedendosi. La coscienza non può prendere coscienza di se stessa. È un corto circuito, come 2 specchi uno di fronte all’altro, l’immagine si riflette all’infinito perdendosi.»
Il Maestro concluse dicendo: «L’unica cosa saggia da fare è capire che non puoi capire. La mente, per quanto potente e complessa sia, non è stata progettata per poter comprendere l’essenza della coscienza. Come un computer non può accorgersi di te che premi i suoi tasti. Il cervello non può concepire qualcosa di diverso dalla realtà tridimensionale di questo mondo. Prendi ad esempio l’infinito o l’eternità. Se provi ad immaginare uno spazio o il tempo senza un inizio e senza una fine, il cervello si rifiuta andando in corto circuito. Ecco perchè tanti cercano di confermare che la Teoria del Big Bang sia la naturale nascita dell’universo e che esso poi si espanda come se fosse un’enorme nube gigantesca. Viene naturale pensarlo come qualcosa che è iniziato da qualche parte e che si muova per far si che immaginiamo un con-fine. È l’unica spiegazione che dona una logica pace alla mente quando cerca di analizzare l’infinito spazio delle stelle.»
Il giovane annuì e lascio il Maestro terminare: «Caro il mio ragazzo, l’unica cosa saggia da fare è smetterla di cercare la verità che sarà sempre Relativa. Smetterla di cercare di aver ragione e cominciare a vivere il tempo che abbiamo nella maniera più felice possibile.»
Cìn Ciaulìn sorrise in silenzio, si inchinò con immensa gratitudine e si allontanò sereno più che mai. Il maestro accennò un saluto e disse: «Arrenditi e vincerai la pace!»
A presto
Marco