Spiritualità, lo scopo intrinseco!
La ricerca della propria spiritualità può avere varie origini e motivazioni. Può servire a quella parte di noi che vuole trovare se stesso, ritrovare la via di casa, ricercare l’origine (o la destinazione) del nostro sé e può essere accompagnata da domande tipo:
- Qual è il senso della vita?
- Che cosa ci faccio qui?
- Qual è il mio scopo?
- Cosa c’è di là?
- Da dove vengo?
- Chi sono io?
Oppure altre tipo:
- Dove mi posso appoggiare quando sto per cadere?
NON è sinonimo di religione. Ma è una ricerca di connessione e di amore, verso l’esterno (o dal profondo) della nostra realtà. Il nostro ego vorrebbe fare finta di niente per più tempo possibile e a volte ci riesce quasi fino a pochi istanti prima di morire (per chi ha la fortuna di sapere che sta per accadere). Vorrebbe fare il duro davanti agli altri, distrarsi tutta la vita con ciò che trova da fare nella vita ma poi in fondo in fondo si sente piccolo e solo nell’universo.
Ti ricordi cosa diceva Vasco Rossi nella sua canzone intitolata “Lunedì” ?
Perché restare soli fa male anche ai duri. Loro non lo dicono ma, piangono contro i muri
Arriva quasi per tutti il momento in cui, in un silenzio surreale, sentiamo quella vocina che ci sussurra le domande elencate poco fa.
Personalmente credo che gli esseri umani, in relazione alla spiritualità, abbiano la sensazione di essere stati abbandonati, e credo anche che come figli (creazioni) di qualcosa o di qualcuno, siano considerati tutti uguali agli occhi di questi misteriosi genitori spirituali (creatori).
Credo che ognuno di noi abbia la stessa quantità di amore incondizionato da ricevere da chi abbia creato il mondo. E non parlo solo di Dio, ma di qualunque sia il proprio credo e in qualunque modo lo chiamiamo:
- Cristo
- Maometto
- Angeli e Santi
- Krishna
- Gaia o Madre Natura
- Universo
- ecc.
Oppure che lo si creda risiedere nella Scienza (Big Bang e simili), nella Cultura, o ancora chi lo ricerca nei beni materiali, nel successo, negli astri, nella magia, ecc.. C’è anche chi crede che Dio sia in noi stessi, assopito o in preda ad una amnesia guaribile con uno stato di illuminazione…
Tutti All’asilo!
Ma torniamo al rapporto che l’uomo ha spesso con la spiritualità. Riprendo l’esempio del bimbo dell’asilo che cade, fatto nell’articolo “Benessere”. Come qualsiasi bambino che nei primi anni di vita cerca l’amore e le attenzioni dai propri genitori, così facciamo in età adulta rivolgendosi alla nostra spiritualità. Cerchiamo l’amore, la connessione e l’attenzione da ciò in cui crediamo…
Da qui risultano alcuni dei nostri comportamenti. Quello che facciamo, lo facciamo per il bisogno di quell’amore. Anche le persone che riteniamo cattive, malvagie e degne del peggior destino sono come i bambini monelli e ribelli. Credono di poter ottenere l’attenzione dei genitori comportandosi male perché non conoscono altro sistema che quello. Non sono abituati a ricevere amore e credono che l’unico modo sia essere amati con la forza…
Ma riprendiamo l’esempio del bambino che piange disperato per essersi sbucciato un ginocchio cadendo. Il bambino agisce così perché sente dolore, vede un pochino di sangue e sta implorando qualcuno per essere salvato, abbracciato e consolato. Lo fa disperandosi come se stesse morendo, come se fosse una cosa gravissima, la più grave che gli sia mai successa:
Una vera e propria tragedia
Ma noi “saggi” adulti sappiamo che non è nulla di grave e sorridiamo quando vediamo quegli occhi enormi, pieni di lacrime e disperazione per un quella minuscola bua. E non possiamo spiegarglielo, non riusciremmo mai a calmarlo con la verità perchè:
è ancora troppo giovane per capire…
Al massimo diciamo al bimbo di stare tranquillo, che tutto andrà bene, siamo certi di questo, perché noi sappiamo qual è la verità in quel frangente: che il dolore dura poco e non è niente di grave. Sappiamo bene che è così, ma sappiamo anche che il bambino non lo può capire adesso, non conosce ancora abbastanza la realtà in cui vive.
Noi adulti con la spiritualità facciamo la stessa cosa, chi più, chi meno, la sceneggiata e la stessa. 🙂 Quando ci capita qualcosa che (noi) riteniamo “brutto”, ci disperiamo e ci lamentiamo come se fosse una cosa gravissima, come se non ci fosse più speranza, una vera e propria disgrazia di enorme entità:
Una vera e propria tragedia
Che sia un lutto, che sia un amore perduto, che sia una malattia, che sia la perdita del lavoro, noi agiamo come il bambino. E ne abbiamo tutte le ragioni perché non sappiamo se riusciremo a sopravvivere a questa ennesima mazzata che la vita ci ha riservato. Anche noi abbiamo solo bisogno che qualcuno, più “grande” e che sappia com’è la verità, ci abbracci e ci dica che tutto andrà bene, che non è niente di grave, che tra poco staremo meglio.
Cosa potrebbe far sì che un adulto non si senta disperato? Solo la consapevolezza e la convinzione che “tutto andrà bene…”. Un’assoluta fede in questo presupposto.
In effetti è così, ma in quei momenti siamo emotivamente coinvolti e, a dirla tutta, a volte ci piace trastullarci nel dolore e nella pigrizia per avere la scusa di non reagire (io ero un maestro in questo 😛 ).
Piangere un pochino, gridare la nostra rabbia al cielo, lasciarsi andare al dolce vittimismo. Sapete perché? E’ semplicemente “umano”… e soprattutto attira l’amore delle persone che ci stanno intorno!
Ed ecco che spunta la nostra spiritualità. In questi momenti decidiamo di sostituire l’abbraccio dei genitori, che ci potrebbero consolare, con il nostro credo, con il nostro Dio personale (Cristo, Maometto, Krishna, Gaia, Angeli, Big Bang, Madre Natura, Universo, Scienza, Cultura, Successo, Magia, ecc..).
Qualunque sia la fonte d’amore che scegliamo in quei momenti, non avremo spiegazioni per ciò che è successo, non possiamo ricevere la verità, siamo ancora troppo giovani per capire…
Come il bambino non abbiamo la percezione di cosa sia realmente il senso, lo scopo della vita o il perchè ci sia così tanta sofferenza. Come il bambino stiamo ingigantendo i fatti, in realtà potrebbe non essere nulla di grave e fare semplicemente parte del gioco. Non fraintendermi, non voglio sminuire il dolore delle persone, ma la maggior parte delle volte sono cose che capitano a tutti nel corso della vita. Le ferite guariscono, le malattie pure, e forse anche la morte non è così brutta come ci hanno insegnato. Non lo sappiamo, nessuno e mai tornato indietro a raccontarci com’è. Se non c’è niente, non si starà peggio. Se c’è qualcosa, non sappiamo ora come sarà! Quindi perché considerarla per forza una cosa negativa?
La sofferenza in fondo è una parte integrante dello spettacolo. Non possiamo avere solo la parte colorata del mondo:
- La meravigliosa natura
- Lo spettacolo che regala il cielo
- Vedere nascere la vita ovunque
- Le forti emozioni che ci regala l’arte,
- L’amore
- ecc.
perchè tutto ciò è bello quando messo a confronto con il brutto:
- La sofferenza di questo mondo
- I bambini che ci lasciano prima di diventare adulti
- Le guerre
- La miseria
- L’ingiustizia
- e di tutto ciò che non ci piace!
[Tweet “Nessun abitante dei paesi tropicali apprezza l’estate come chi conosce l’inverno.” Marco Odino]
E se siamo di quelli che non credono in niente, siamo come i bambini monelli, che fanno i capricci per attirare l’attenzione. Vogliamo essere amati con la “forza”, senza chiederlo… (continua più in basso)
Si può imparare a stare bene?
Emozion’ intorno
Quindi?
Qual è la soluzione? Forse solo accettare che siamo figli alla ricerca di quell’abbraccio amorevole.
Oppure nella libertà di scelta! Poter scegliere di vivere e considerare ciò che ci accade con la consapevolezza e la convinzione che “tutto andrà bene…”. Un’assoluta fede in questo presupposto, sia per l’uomo di Scienza che per l’uomo di Dio.
Non dobbiamo voler eliminare la sofferenza, perché si porterebbe dietro anche la felicità. Chi crede di risolvere chiudendosi in se stesso per non soffrire più, andrà verso in una inesorabile tristezza e solitudine. Quando soffriamo e stiamo male non dobbiamo cercare di respingere ciò che proviamo o agitarsi più di tanto. Dobbiamo accettare le emozioni che arrivano, tutte, senza farsi prendere dal panico o dallo sconforto per troppo tempo. Se sono belle godersele al mille per mille, se sono brutte trattarle come un groviglio di catene annodate intorno al corpo. Se ti agiti freneticamente per cercare di sbrogliarle, ti stringeranno sempre più. Se, passato il tempo del dolore ritrovi il modo di respirare e calmarti troverai il sistema di scrollartele di dosso senza farti male.
Questa consapevolezza ti regalerà il tempo che ti serve per tornare a sorridere. Sii saggio: Arrenditi!
Marco